Dal 19 al 31 luglio scorsi, il vescovo e don angelo Lo Presti si sono recati in visita alla missione della dottoressa ennese Cristina Fazzi che da 18 anni opera in Africa, in Zambia.
In Africa il viaggio che resta nel cuore
LA MISSIONE: TESTIMONIANZA DI SERVIZIO AI POVERI
Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium al n. 15, Papa Francesco afferma «L’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa […]. È necessario passare “da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria”». Queste parole, che stanno alla base di un programma pastorale, per una Chiesa che è sacramento di salvezza di fronte al mondo, costituiscono il giusto sprone per avviare un dialogo non soltanto con quanti praticano altre religioni, ma anche con coloro che partecipano della medesima fede.
Un aspetto importante della testimonianza missionaria della Chiesa è infatti la condivisione confessionale della persona di Gesù: una condivisione che prescinde da ogni forma di proselitismo e propone relazioni per cammini di autentica conversione. È quanto si è ravvisato dall’entusiasmante visita alla missione della dott.ssa Cristina Fazzi. La sua esperienza di fede, in una dimensione radicalmente laica, ha attirato così tanto il nostro interesse, cioè quello mio e di don Angelo Lo Presti, al punto che il nostro soggiorno, di appena dodici giorni, si è tramutato tempestivamente in un memoriale. L’incontro quotidiano con la gente povera ha messo in moto quello che Gesù pone a fondamento del suo annuncio sulla prossimità del regno di Dio (cfr. Mc 1,15): la vita dei poveri, custodi delle verità sull’essenza dell’evangelo, che prepara, dispone e favorisce l’irruzione del regno.
Tale presenza, attiva e coinvolgente, si è colta anzitutto nel quotidiano contatto con i bambini della casa famiglia, di cui è responsabile la stessa Cristina. Sono i bambini a mostrare la prossimità del regno di Dio, poiché essi lasciano trapelare dai loro gesti semplici e dalle loro parole spontanee quella genuinità evangelica che evoca la grazia dei sentimenti di Gesù verso i piccoli. Ci si pone allora una domanda: perché Gesù, nel rimproverare i discepoli, reclama con forza che i bambini abbiano modo di relazionarsi con lui? (cfr. Mc 10,13-16). La ragione è iscritta nella semplicità che promana dal loro modo di vivere i rapporti, quella semplicità che è arricchita dalla benedizione di Dio, oltre che dall’esplicito richiamo alla vicinanza di questo regno.
Stare con quei bambini, le cui storie sono purtroppo segnate da drammi indescrivibili, come la tragica esperienza di Gift, destinato a morire in una latrina, significa passare quotidianamente al setaccio di un’indiretta, ma incisiva, catarsi del nostro modo di vedere le cose. Certi realismi non si inventano; anzi, l’angolo d’osservazione, dal quale ci si pone abitualmente per capire e interpretare l’esistenza – occorre ammetterlo – è artificioso. Abbiamo infatti bisogno di mettere in discussione certi ragionamenti, stili di vita, modi di essere; c’è necessità di pervenire al senso genuino della verità, di quella luce fontale che illumina gli orizzonti opacizzati dal nostro meschino egoismo. Il contatto con i bambini è in genere un momento di ravvedimento, ma l’opportunità di stare con bambini poveri, disagiati, bisognosi è fortemente scomodo; grazie a loro abbiamo cozzato con il nostro perbenismo e soprattutto abbiamo sperimentato la nostra inadeguatezza di fronte al realismo della vita.
La povertà sociale è un aspetto dell’esistenza umana che bisogna, a qualsiasi costo, debellare e sconfiggere. L’impegno della Fazzi è in questa prospettiva: i diciotto anni della sua presenza in Zambia attestano tale decisione, scaturita quasi per scherzo da una sostituzione che sarebbe dovuta essere provvisoria.
Il suo amore per i poveri, con particolare attenzione alle realtà materno – infantili, per le quali, nel 2008, ella fa nascere un’associazione “Twafwane” che si occuperà principalmente della difesa delle donne e dei bambini, è in perfetta sintonia con quanto ha compiuto il Verbo di Dio con l’incarnazione. Questa scelta evangelica, di stare cioè con i poveri condividendo tempi e spazi, è di natura discepolare. La dimensione ecclesiale, nell’esperienza di fede della Fazzi, si muove in verità sullo sfondo, mentre risaltano con forza gesti che appartengono alla purezza dell’evangelo. È quello a cui, con molta probabilità, avrebbe voluto alludere Gesù con il mandato apostolico: «Andate dunque e fate discepole le nazioni» (Mt 28,19a), ove per ammaestramento s’intende l’esempio che ogni credente è chiamato a dare alle persone con cui viene in contatto.
Cristina non è promulgatrice di dottrine, ma testimone di quello che l’annuncio del vangelo ha generato nella sua vita di fede. La prodigalità che la caratterizza è infatti segno di quest’adesione a Gesù, che prende corpo nei molteplici ambulatori da lei fondati negli spazi angusti della savana, nei centri di recupero per bambini malnutriti e denutriti, nei numerosi villaggi ove le mamme attendono dettagliate istruzioni sul modo come gestire il servizio nelle proprie famiglie. Ed ancora: ambiti significativi di formazione per il riscatto sociale delle donne, a partire dalla loro dignità e dei diritti che le competono di fronte all’esasperato maschilismo presente nella società zambiana.
Donne e bambini, che in Zambia rappresentano i piccoli del regno, sono coloro che evocano, nell’impegno di promozione sociale di Cristina, un senso genuinamente evangelico. Il suo stile di donazione infatti non è formale. Non può esserlo, sia perché esso rientra nella schiettezza del suo modo di porsi di fronte alle situazioni d’emergenza, sia perché la sua interazione con le povertà è espressione di quella generosa apertura che fa della propria esistenza spazio d’inabitazione degli altri. Questa nostra missionaria ennese vive così il suo quotidiano servizio per i poveri. La sua vita è per gli altri, ma nell’ottica della condiscendenza divina, secondo la quale sono gli altri che trovano in lei, nella sua vita di totale oblazione, lo spazio per ricostruire le proprie esistenze, per rilanciarle in modo nuovo dentro una società in cui, purtroppo, vigono, in modo imperante, gli interessi personali, sia a livello di pubblica amministrazione che di pastorale ecclesiale. E questo genera scandalo, soprattutto nei contesti religiosi dai quali ci si attenderebbe una maggiore attenzione a questi piccoli del regno.
✠ Rosario Gisana
Il mio viaggio in Zambia
Andare in Africa è come andare in Terra Santa: ti resta sempre il desiderio di tornarci. Ero stato in Zambia da Cristina Fazzi dieci anni fa insieme a due carissimi amici; quest’anno ci sono tornato con il nostro amato vescovo don Rosario Gisana per una visita al “Mayo – Mwana Project”, che ci ha dato la possibilità di immergerci, per una decina di giorni, in un mondo affascinante, molto diverso dal nostro, che ha lasciato in me dei ricordi indelebili.
Innanzitutto il ricordo dei bambini: tanti bambini, quelli che scarseggiano da noi; sporchi ma belli, poveri con i vestiti logori senza scarpe ma sempre sorridenti, felici di ricevere una caramella o di potersi costruire un camion con un cartone. Le donne, vero perno di quella società, con tanti figli e tante cose da fare per mandare avanti la famiglia: andare a prendere l’acqua al pozzo più vicino, spesso lontano anche chilometri, raccogliere la legna per mettere su la pentola con l’acqua (fuori dalla baracca nella quale vivono) per bere cucinare lavarsi e lavare i poveri panni della loro biancheria. La gioia di una Messa celebrata in una chiesetta di campagna dove il nostro Vescovo ha amministrato i Sacramenti della iniziazione cristiana a 21 catecumeni preparati da un missionario francescano, padre Angelo Panzica nostro conterraneo, che da 50 anni svolge la sua missione in Zambia. Per molte persone è stata l’unica occasione della loro vita di potere incontrare un Vescovo che diceva la Messa per loro: una gioia e una riconoscenza indicibili!
I viaggi all’ospedaletto di Mishikishi e alla stazione periferica di Ishitwe, quest’ultima distante tre ore di fuoristrada, dove Cristina si reca per visitare tanti bambini malnutriti e tante donne in gravidanza, per dare loro le medicine necessarie e somministrare i vaccini. Un clima di gioia, di festa, quasi di sagra paesana che ti resta negli occhi e nel cuore!
Infine la casa – famiglia dove Cristina accoglie 6 bambini a lei affidati insieme a Joseph figlio adottivo riconosciuto in Zambia e in Italia e che ha accolto e ospitato con grandissima gioia il Vescovo ed il sottoscritto.
Grazie di cuore a Cristina Fazzi, medico missionario volontario in Zambia da più di 18 anni, per quello che fa per questi nostri fratelli poveri e per come lo fa. Gesù Cristo si annuncia prima che con le parole con i fatti: amando i poveri e i piccoli, perché “qualunque cosa abbiamo fatto a uno di questi piccoli l’abbiamo fatto a Lui”.
Don Angelo Lo Presti