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Ma il crocifisso nelle scuole italiane è un problema?

Si sono accesi di nuovo i riflettori sul tema della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. Sono state le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Fioramonti “Nelle classi meglio una cartina del mondo” a riaccendere la polemica sui simboli religiosi. Il ministro intervenendo nella trasmissione “Un giorno da pecora” ha detto: “Credo in una scuola laica, ritengo che le scuole debbano essere laiche e permettere a tutte le culture di esprimersi non esporre un simbolo in particolare”. Nessun provvedimento, per ora, è stato pensato dal governo, infatti Fioramonti ha premesso: “Il crocifisso a scuola è una questione divisiva, che può attendere” chiarendo “Penso ovviamente ad una visione della scuola laica e che dia spazio a tutti i modi di pensare”. Meglio perciò, secondo il ministro, “appendere alla parete una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione”. Fioramonti si è detto in generale contrario all’ipotesi di esporre nelle aule i vari simboli religiosi: “Eviterei l’accozzaglia, diventa altrimenti un mercato”; e alla domanda se cambierebbe il crocifisso con la foto di Mattarella risponde che “neanche il presidente lo vorrebbe”. 
Al di la della polemica scaturita, anche in ambito politico, preme ricordare che la questione è già stata risolta con varie sentenze. Infatti la controversia partì quasi un ventennio fa con una presa di posizione da parte di Adel Smith, presidente dell’Unione musulmani d’Italia e del giudice Luigi Tosti, promotori di una battaglia anti-crocifisso. Furono le sentenze del Consiglio di Stato nel 2006 e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con una sentenza definitiva, nel 2011 a sancire che il crocifisso poteva restare affisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane. 
Ma, oltre alle sentenze e delle varie polemiche politiche e non, considerato che si parla di scuola, (scrive Avvenire) “bisognerebbe interrogarsi su come una delle radici culturali della nostra civiltà (italiana ed europea), nonché simbolo della fratellanza universale possa essere divisivo o far sentire altre culture nelle condizioni di non potersi liberamente esprimere. La risposta è semplice: in nessun modo. Con una postilla: a riaprire certe “pratiche” si rischia soltanto di dare fiato proprio a coloro che quel simbolo di sconfinato amore e di pace vorrebbero usare, impropriamente, a guisa di randello”.
Scriveva Natalia Ginzburg, una ebrea, laica, militante e ex parlamentare del PCI su l’Unità del 22 marzo 1988 “II crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. II crocifisso non genera nessuna discriminazione. È muto e silenzioso. C’è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte del muro. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici, portiamo o porteremo il peso di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici”.
E poi considerato che in Italia le scuole cadono a pezzi, le famiglie comprano pure la carta igienica, gli insegnanti sono sottopagati, mancano gli insegnanti di sostegno, gli atti di bullismo a scuola si moltiplicano di giorno in giorno, le classi non si formano per mancanza di bambini, l’Italia è agli ultimi posti per la spesa e la qualità dell’istruzione, è proprio questo un problema della scuola italiana?



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