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PIETRAPERZIA, La marcia con le 'Valigie di cartone' per restare in Sicilia

Non vado via, amo la mia terra

“Esistono tre tipi di mafia: sono quella nascosta che serpeggia nelle istituzioni, quella delinquenziale che governa con la violenza, e la mafia di chi è indifferente ai problemi della società; il nostro appello è rivolto a chi non ha volontà. A questi mafiosi che vogliono dirigere la nostra società voglio dire: non vedete che il territorio che voi amate lo state facendo morire? Perché? La speranza è con noi perché il Signore è con noi. Risponderete a Dio e alla Storia”. Sono le parole che il vescovo di Piazza Armerina ha detto sul palco di piazza Vittorio Emanuele a conclusione della “Marcia contro lo spopolamento”, svoltasi a Pietraperzia sabato 18 gennaio. La manifestazione era stata voluta dallo stesso vescovo su proposta di don Antonio Garau, sacerdote palermitano fondatore del movimento delle Valigie di cartone.
Il pomeriggio era cominciato alle ore 15 nella chiesa Madre. A Pietraperzia sono arrivate persone dall’intera diocesi e numerosi esponenti del “Movimento valigie di cartone” da Palermo. A guidarli lo stesso don Antonio Garau. Al tavolo della presidenza con lui, il vescovo Gisana e il sindaco di Pietraperzia Antonio Bevilacqua. Tutti indossavano la casacca con la scritta, sulle spalle, “Non vado via, amo la mia terra, voglio lavorare qui” e il disegno di una valigia di cartone. In chiesa presente il clero locale e alcuni sacerdoti di altri comuni. C’erano pure gli assessori di Pietraperzia Chiara Stuppia, Laura Corvo e Michele Laplaca e il sindaco di Barrafranca Fabio Accardi oltre ai segretari interprovinciali di Cgil, Cisl e Uil Nunzio Scornavacche, Emanuele Gallo e Vincenzo Mudaro. In chiesa c’erano anche tanti bambini che hanno seguito la manifestazione con notevole compostezza. A coordinare i lavori, il parroco della matrice don Osvaldo Brugnone il quale nella sua introduzione ha affermato: “Raccolgo l’eco della gente incontrata e sentita in questi giorni in preparazione a questo confronto e a questa marcia: tale manifestazione risolverà il problema dello spopolamento? Certamente no! Non saremo noi a risolvere tale problema, spetta a chi di dovere! E allora che senso ha una marcia? Sicuramente padre Garau, ideatore e fondatore del Movimento ‘La valigia di cartone’, che piano piano sta coinvolgendo – insieme con tutti i vescovi di Sicilia – movimenti e associazioni varie cercherà di dare alcune risposte”.
Don Antonio Garau ha svolto un intervento appassionato: “Bisogna reagire al grido dei giovani che vanno via con lo sgomento dei familiari che si vedono togliere le migliori energie”. Ha poi annunciato che seguiranno tanti incontri con i vescovi di Sicilia e del Meridione. Già lunedì 20 gennaio una delegazione del movimento incontrerà il vescovo di Reggio Calabria per “portare la testimonianza di chi vive sulla propria pelle questo problema”. “Dobbiamo condurre un lavoro sinergico per rendere migliore la nostra terra” “Dobbiamo partire dai bambini – ha continuato padre Garau. I bambini sono a rischio perché il futuro è in dubbio. Nel nome di questi bambini, dobbiamo lavorare insieme perché fra dieci anni essi non vadano via. Facciamo sì che la politica aiuti i nostri figli e i nostri giovani”. Padre Garau ha continuato: “Noi abbiamo il potere della cittadinanza attiva ed essere presenti per difendere i nostri diritti e i nostri doveri”. “Abbiamo anche l’arma del voto – ha continuato padre Garau – che non dobbiamo svendere. Non esiste denaro che possa comprare la nostra dignità. Insegniamo ai bambini a sapere impegnarsi nella vita pubblica”. Don Antonio Garau ha poi detto che “è finito il tempo solo dei sacramenti. Oggi ci vuole una Chiesa sensibile ai problemi sociali. Essere cristiani non vuole dire stare zitti ma impegnarsi in prima persona. Usciamo dalla paura di cambiare il mondo e interessiamoci della vita pubblica”.
Sono seguiti altri interventi. Il diacono Salvatore Farina, direttore diocesano della Pastorale sociale e del lavoro. Nunzio Scornavacche della CGIL ha detto che “in provincia di Enna, dal 2012 al 2018, si sono persi diecimila abitanti. Gli over 65 sono aumentati di tremila unità”. Ha poi sottolineato che “in Sicilia ci sono 15 miliardi di euro non spesi. Strutture e infrastrutture necessarie per sviluppare ricchezze come agricoltura e turismo”. “Lottiamo insieme – ha concluso Scornavacche – per evitare che altri genitori piangano per l’emigrazione dei propri figli”. Emanuele Gallo della Cisl ha detto che la disoccupazione in Sicilia raggiunge il 24 per cento. “Bisogna cooperare con i Comuni per trovare le soluzioni. Se non si sistemano le strade, continuerà lo spopolamento. Dobbiamo stare insieme per risolvere i problemi di questo territorio”. Vincenzo Mudaro della Uil: “Negli ultimi dieci anni sono andati via dalla Sicilia 54 mila giovani diplomati. La politica recuperi il problema dimenticato della questione meridionale e riconnetta l’Italia per farla diventare unica. Lavoriamo assieme, Chiesa, sindacato e politica per dare un progetto alla Sicilia”. E ha concluso: “La politica abbia un grande progetto di sviluppo per evitare lo spopolamento”.
Il sindaco Antonio Bevilacqua: “L’incontro odierno nasce dall’idea di spendersi per il proprio territorio per arginare lo spopolamento che sembra inarrestabile. Bisogna parlare, incontrarsi, discutere, confrontarsi per affrontare i problemi” (vedi intervento in questo numero). Il sindaco di Barrafranca Fabio Accardi: “Noi amministratori siamo il terminale di contatto con i nostri cittadini. La politica li ha portati a vivere lo stacco con il territorio”. “Il vero problema – ha continuato Accardi – è la carenza di fondi. Perché i Comuni del Nord ricevono il doppio rispetto al Sud? Sono le conseguenze nefaste del federalismo fiscale”. Ha poi parlato di alcune strutture inutilizzate, cattedrali nel deserto ormai vandalizzate, tra cui il palazzetto dello Sport di Pietraperzia. “La politica – ha concluso Fabio Accardi – trovi una soluzione normativa e contribuisca a recuperare le strutture non utilizzate per creare posti di lavoro. Ci dobbiamo mettere insieme per risolvere queste problematiche”.
La piccola Noemi Montedoro ha chiesto al vescovo “Cosa possiamo fare noi bambini per rimanere?”. Monsignor Gisana ha risposto: “Bisogna amare questa terra fino allo spasimo. Il vangelo è sociale. Gesù, quando incontrava la gente, faceva socialità. Noi non abbiamo seguito questo. Impariamo a risentire i profumi della nostra terra, custodiamoli nella nostra memoria e, anche se andiamo fuori, questo serve per vivere la bellezza della globalizzazione”. Monsignor Gisana ha concluso: “Dobbiamo preparare la culla per il ritorno dei nostri ragazzi. Prendiamo in mano la nostra vita ed impariamo ad essere meno vittimisti ma cittadini attivi”.
Subito dopo è cominciata la marcia alla volta di piazza Vittorio Emanuele. Anche il vescovo portava in mano una valigia di cartone ed indossava la casacca. Dal palco di piazza Vittorio Emanuele, dove era salito insieme al vescovo don Antonio Garau ha invitato tutti ad osservare un minuto di silenzio chinando la testa verso le valigie di cartone. Al termine, dopo l’appello conclusivo del vescovo, il presule ha impartito la benedizione.



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