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Rubrica /2

La Madre del Redentore in Giovanni Paolo II

Dal 16 ottobre del 1978 al 2 aprile 2005 abbiamo il primo papa polacco della storia, il papa del Totus tuus, il cardinale Karol Józef Wojtyła, che assume il nome pontificale di Giovanni Paolo II.  Egli ha avuto costantemente un pensiero su Maria, cui si è sempre affidato. Il suo pontificato è stato intenso. Lo ha visto protagonista dei grandi cambiamenti politici, sociali, culturali e religiosi dell’ultimo scorcio del XX secolo e dei primi inizi del XXI. La devozione mariana di Giovanni Paolo II si fonda soprattutto su due fatti: il primo motivo è essere rimasto orfano di madre, mentre il secondo riguarda la marianità polacca che si identifica con il nazionalismo.

Il Papa polacco ha una grandissima produzione mariana e questa sarà impossibile metterla in evidenza in un piccolo articolo. Ci soffermeremo solamente su un gioiello della mariologia della fine del secolo scorso: la Redemptoris Mater.

Il 25 marzo 1987, in prospettiva del giubileo del 2000, Giovanni Paolo II pubblica la lettera enciclica Redemptoris Mater. Essa, anche se parte dalla sintesi di tutti i documenti magisteriali mariologici precedenti specie dal Concilio Vaticano II, inserisce alcuni contenuti nuovi aprendo nuove piste di riflessione. Si sofferma, ad esempio, sul tema della mediazione materna di Maria, che costantemente è molto acceso e dibattuto.

 Il Papa è molto attento al racconto di Giovanni delle nozze di Cana, in cui è chiara la mediazione di Maria, il suo essere intermediaria fra suo Figlio e le necessità delle persone, quando dice loro: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Maria sta accanto al Figlio e Giovanni lo mette in evidenza a partire da questo primo segno sino ad arrivare sotto la Croce.

Questa enciclica, rimanendo in linea con le altre encicliche di Giovanni Paolo II, ha i connotati di un vero e proprio trattato teologico nel quale vengono analizzati il ruolo e la funzione di Maria nell’economia della salvezza.

Nell’introduzione la Vergine Maria è presentata nella vita della Chiesa in cammino. La Chiesa, guardando a Maria, ne imita l’itinerarium fidei: ella la precede e avanza nella peregrinazione della fede e serba fedelmente la sua unione col Figlio fino alla croce. Giovanni Paolo II, riprendendo la Lumen gentium, opera una sintesi della dottrina della Chiesa sulla Vergine Maria che viene venerata come Madre amatissima, figura della fede, della speranza e della carità.

Grazie all’elezione divina, all’Incarnazione del Figlio che porta in grembo e al suo assenso, Maria è la «piena di grazia».

La sua fede viene paragonata a quella di Abramo: la fede di Abramo costituisce l’inizio dell’Antica Alleanza, la fede di Maria costituisce l’inizio della Nuova Alleanza; Abramo ha sperato contro ogni speranza diventando padre di molti popoli, Maria, nell’Annunciazione, dopo aver indicato la sua condizione di vergine, ha creduto che sarebbe diventata la Madre del Figlio di Dio.

Il Papa, forte di una grande tradizione che inizia col Concilio di Efeso del 431, prende atto che Maria va inserita nel ruolo che Dio le ha dato cioè nel contesto della storia della salvezza, soffermandosi a riflettere sull’insegnamento del Vaticano II, ribadendo più volte e sottolineando che solo nel mistero di Cristo si chiarisce pienamente il mistero della Vergine, traducendo così in termini mariani quanto si legge all’inizio di Gaudium et spes 22: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione».

La Chiesa, il popolo pellegrino di Dio, come la Vergine Santa, «ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce» (RM 4). L’enciclica presenta la Chiesa nel suo significato vivo, concreto e dinamico di popolo di Dio itinerante che si ritrova a vivere fra due tensioni: le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.

Questo popolo di Dio in cammino purtroppo non è esente dallo scandalo della divisione e non ha ancora appianato le antiche controversie. Nella Redemptoris Mater è presente questo forte slancio ecumenico che porta Giovanni Paolo II ad auspicare che ci possano essere un dialogo e un’apertura da entrambe le parti, tra le quali poter intercettare punti di contatto e di riconciliazione, ritrovando in Maria che prega per l’unità della famiglia di Dio e che per tutti è icona e modello, un punto di convergenza e non di separazione.

Maria, oltre ad essere presente come testimone dell’amore di Cristo il giorno di Pentecoste (cfr. At 1,14), rimane presente nel mistero della Chiesa la quale anela ad incontrare il Signore nel giorno della sua parusia. La Vergine Maria rimane presente nel cammino del popolo di Dio verso la luce, dandogli come suo “testamento” il cantico del Magnificat che, sgorgato dal profondo della sua fede nell’episodio della Visitazione (cfr. Lc 1, 39-45), non cessa nei secoli di vibrare nel cuore della Chiesa. Il cantico della Vergine è l’annuncio di eventi compiuti: è la vittoria di Dio sui nemici, è il trionfo della sua povertà che viene trasformata dalla potenza misericordiosa di Dio, declina la sua presenza nel presente della Chiesa e di tutta l’umanità ritmando la storia, l’esistenza di persone e popoli, la fede e la liturgia come luogo che manifestano la salvezza compiuta dal Signore della storia. Il Magnificat, da sempre, ha ispirato l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e per gli umili perché ha messo in risalto il volto misericordioso di Dio che si china verso gli ultimi. Questa visione è sostenuta dalla certezza che Dio salva, che interviene prontamente e con potenza nella storia.

Riguardo alla mediazione materna di Maria, cui si accennava sopra, la Redemptoris Mater sviluppa il rapporto di continuità che vi è tra la Vergine Madre e la Chiesa, trattato in precedenza dal Vaticano II.Prendendo come riferimenti 1Tm 2, 5-6: «Non c’è che un solo Dio, uno solo anche è il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo, che per tutti ha dato se stesso quale riscatto» e Lumen gentium, n. 60, il Papa ricorda che  «la mediazione di Maria è strettamente legata alla sua maternità,possiede un carattere specificatamente materno, che la distingue da quello delle altre creature che, in vario modo sempre subordinato, partecipano all’unica mediazione di Cristo, rimanendo anche la sua una mediazione partecipata» (RM 38).

Maria, quindi, è al contempo un’unica madre e un’unica mediatrice che, tuttavia partecipa alla mediazione del Figlio in maniera subordinata manifestandola in pienezza.

Nella sua enciclica il Papa, in continuità con il Concilio Vaticano II e con Paolo VI, ribadisce e conferma che la mediazione di Maria è “in Cristo”, seppur da essa dipendente, e «partecipa, nel suo carattere subordinato, all’universalità della mediazione del Redentore». In questo modo la mediazione di Maria, pur non essendo necessaria (cfr. Lumen gentium 60), è speciale, straordinaria, eccezionale, universale, è partecipazione all’unica mediazione di Cristo, fonte e scaturigine di ogni mediazione delle creature.

Infine, essa è strettamente legata al servizio della maternità di Gesù Cristo, unico mediatore universale presso il Padre per il bene dei suoi fratelli.

Maria coopera quale “generosa Socia” del Figlio, avanzando nel cammino teologale sino ad arrivare ai piedi della croce dove, da parte del Figlio, avviene la consegna della Madre al discepolo e la consegna del discepolo alla Madre (Gv 19, 26-27). Maria è redenta da suo Figlio, sebbene si trovi con Lui nel momento dell’atto redentore sulla Croce, perché reca già i primi frutti della sublime e anticipata redenzione nell’Immacolata Concezione.  È presso la Croce che si manifesta il nostro rapporto filiale con Maria.  

Nell’enciclica Redemptoris Mater si comprende che Giovanni Paolo II ha chiaro il ruolo che la Madre del Redentore possiede nella fede cristiana e nella vita della Chiesa anche nella temperie drammatica e allo stesso tempo feconda, del post concilio. Il documento esprime una sua filiale e matura pietà mariana, la quale è frutto della sua personale meditazione teologica ed esistenziale. L’enciclica non è una semplice esortazione alla devozione o alla pietà mariana ma accoglie il denso dato della dottrina mariologica biblica e teologica presente nel Nuovo Testamento, sviluppata dai Padri della Chiesa orientali e occidentali e ripresa dal Concilio Vaticano II, nella fattispecie dal capitolo VIIIdella Lumen gentium, per svilupparlo e approfondirlo anche secondo la sua sensibilità teologica e pastorale.

*PhD in Teologia con specializzazione in Mariologia



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