Mons. Calogero Marino
Guardando foto in bianco e nero, un po’ ingiallite dal tempo, ma anche foto a colori di anni in cui non vi erano smartphone di ultima generazione con fotocamere di ottima risoluzione, potremmo imbatterci nella memoria di tanti eventi ecclesiali del secondo Novecento diocesano. Accanto a Vescovi quali monsignor Catarella, monsignor Rosso, ma anche monsignor Cirrincione, si potrebbe scorgere la figura di un prete esile e minuto ma sempre attivo attorno al Vescovo. Si tratta di monsignor Calogero Marino. Vorremmo brevemente richiamarlo alla memoria di quanti lo hanno conosciuto e stimato mentre alla fine del mese, il 31 maggio, cadrà il trentesimo anniversario della morte che lo sottrasse improvvisamente ad una pluralità di servizi nella Curia Vescovile e in Cattedrale.
Don Calogero Marino nacque a Mazzarino il 29 agosto 1927 e fu ordinato sacerdote da monsignor Catarella il 29 giugno 1950. Dopo una brevissima esperienza come vicario cooperatore della Chiesa Madre di Mazzarino, visse i primi anni di ministero a Villarosa come parroco della Parrocchia Immacolata Concezione dove rimase fino al 1958. Nel 1959, per appena un anno, fu economo del Seminario diocesano. Dai primi anni Sessanta fino alla morte fu a servizio diretto di tre vescovi come cancelliere della Curia Vescovile, direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano ma anche e soprattutto, sono i ruoli che più lo hanno reso noto, cerimoniere vescovile e vicario generale. Ma risulta significativo anche ricordare gli ambiti di servizio pastorale che lo hanno visto impegnato come Rettore della Chiesa di San Giovanni in Piazza Armerina e successivamente anche del Gran Priorato di Sant’Andrea e dagli anni Sessanta quale canonico primario e successivamente parroco, seppur per pochi anni, della nostra Basilica Cattedrale. Negli anni Sessanta egli fu anche cappellano diocesano delle Pie Unioni. Di lui si possono segnalare anche le onorificenze ecclesiastiche pontificie quali la nomina a cameriere segreto del maggio 1963 e a prelato d’onore di Sua Santità del 1968, che lo resero “monsignore”. Fu anche delegato vescovile ad universitatem casuum nel periodo di pochi mesi che vide il passaggio da monsignor Rosso quale amministratore apostolico della nostra diocesi e l’arrivo di monsignor Cirrincione nel 1986. Con monsignor Cirrincione, mentre avveniva l’avvicendamento del ruolo di vicario generale, assumeva l’ufficio di vicario episcopale per la liturgia.
Chi lo ha conosciuto ne ricorda l’approccio poliedrico che sapeva unire nelle mansioni duttilità e autocontrollo, senso della disciplina ecclesiale ma anche fedeltà al Vescovo, concretezza, il tutto in una disponibilità di fondo all’ascolto e all’inquadramento delle situazioni per una migliore resa delle istituzioni diocesane. Anche e soprattutto nelle celebrazioni il gusto della cose ben fatte si univa all’eleganza con cui cercava di rispettare le esigenze del rito calato nelle plurime situazioni in cui si snoda la liturgia episcopale. Viene anche ricordato per il desiderio di aiutare gli altri cercando sempre di dire “sì”.
Potremmo dire che la sua figura ha incarnato, sotto l’aspetto delle istituzioni ecclesiali, i grandi passaggi del Novecento, dalla Christianitas di Pio XII ai nuovi sentieri tracciati dal Concilio. Ricordarlo significa non soltanto fare memoria del nostro passato ecclesiale ma anche ricordare quanti hanno cercato di servire la Chiesa diocesana non soltanto nelle comunità sparse per il suo territorio ma anche nelle istituzioni diocesane che hanno il compito di aiutare il Vescovo in quel prezioso servizio alla Comunione che ci fa sentire popolo in cammino verso la patria dei cieli.