Nell'omelia il Vescovo richiama la necessità per i sacerdoti di essere vicini alla gente con affetto e benevolenza
A 56 anni don Salvatore è sacerdote
Festa per la diocesi di Piazza Armerina per l’ordinazione di un nuovo sacerdote. Nella mattinata di sabato 12 febbraio nella chiesa Madre di Valguarnera, don Salvatore Crapanzano 56 anni, è stato ordinato presbitero dal vescovo mons. Rosario Gisana. L’ordinazione di don Salvatore ha aperto “un tempo di grande grazia e benedizione per la Diocesi – ha detto nella presentazione don Luca Crapanzano rettore del Seminario don Luca Crapanzano – in poco più di un mese avremo il dono di 4 nuovi presbiteri”.
Al rito di ordinazione hanno partecipato diversi sacerdoti della Diocesi, la liturgia è stata animata dal coro della chiesa Madre di Valguarnera e i seminaristi hanno curato il servizio liturgico. Don Salvatore, che è originario di Valguarnera, era stato ordinato diacono lo scorso 11 agosto nella Cattedrale. È entrato in Seminario da adulto aiutato dal parroco don Francesco Rizzo, dopo aver accudito i suoi anziani genitori e aver lasciato un lavoro presso il comune di Valguarnera. “Ha ripreso con non poca fatica gli studi – ha detto ancora don Luca – conseguendo il baccellierato in Teologia presso la Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo. Negli anni di Seminario don Salvatore ha vissuto a pieno ritmo le dinamiche di una comunità fatta per lo più da giovani”. Dopo l’ordinazione diaconale ha vissuto a Barrafranca affidato al parroco della chiesa Madre don Benedetto Mallia.
L’ordinazione di don Salvatore è un “dono del Signore alla comunità diocesana – ha detto il vescovo mons. Gisana all’inizio della sua omelia – un modo attraverso il quale il Signore ci visita. Una sollecitudine che incoraggia nonostante non manchino ragioni profonde di angustia e disorientamento”.
Il Vescovo all’inizio della sua omelia ha voluto ricordare il vescovo mons. Vincenzo Cirrincione, nell’anniversario della sua morte “vent’anni fa come oggi, – ha detto mons. Gisana – ha lasciato nella comunità diocesana un duplice segno di testimonianza: la sua capacità di trasmettere consolazione e incoraggiamento con piccoli gesti di attenzione verso ciascuno, clero e fedeli laici, e il suo carisma personale, la paternità, mediante cui egli non soltanto evocava, come pastore buono e fedele, la magnanimità di Dio, ma infondeva in tutti uno nostalgico bisogno di conversione”.
Nell’omelia, don Rosario ha voluto in maniera particolare rivolgersi all’ordinando e ai sacerdoti per sottolineare “quali possano essere gli elementi connotativi dell’uomo di Dio, adatto per il tempo presente, in dialogo con il mondo, e completo nella formazione”.
“La nostra condizione di presbiteri si conforma al sacerdozio di Cristo – ha detto don Rosario richiamando – l’essenza del sacerdozio che è quella di servire il popolo di Dio” e sottolineando come il dono del sacerdozio è determinato dalla volontà di Dio e non dipende da logiche umane. Gesù è il “nostro modello sacerdotale da cui impariamo a tradurre nella vita quotidiana il dono del sacerdozio”.
Richiamando il gesto più importante del rito dell’ordinazione ossia l’imposizione delle mani, il Vescovo ha richiamato quanto detto nella Pastores dabo vobis al n. 15: «Attraverso il gesto dell’imposizione delle mani, che trasmette il dono dello Spirito, essi sono chiamati e abilitati a continuare lo stesso ministero di riconciliare, di pascere il gregge di Dio e di insegnare».
Facendo riferimento al Vangelo proclamato il Vescovo ha richiamato la necessità che il sacerdote sia dotato di “una sensibilità dolcissima, di grande tenerezza che dovrebbe connotare, la relazione con gli altri, il nostro servizio a qualsiasi ora del giorno e della notte”. Sentimenti che nella vita del sacerdote devono cogliersi nel “modo con cui partecipiamo alla sofferenza dei poveri, degli ammalati, dei peccatori”.
Altro aspetto del ministero sacerdotale, sottolineato da don Rosario, quello della vicinanza “dovremmo sicuramente essere più vicini alla gente – attraverso – rinuncia e abnegazione, ma soprattutto benevolenza, magnanimità, affetto”.
“Non possiamo svolgere il ministero senza questa disposizione amorevole – ha concluso il Vescovo – che è criterio di vocazione: fare della nostra vita uno spazio accogliente per coloro che il Signore ci affida, uno spazio abitabile in cui si possa offrire sollievo, consolazione e speranza. La gente attende questo da un presbitero”.
Il testo integrale dell’omelia del Vescovo su www.diocesipiazza.it