Italo Calvino lettore di Francesco Lanza: la prefazione ai Mimi Siciliani
Il 15 ottobre 2023 ricorderemo il centenario dalla nascita del poliedrico genio di Italo Calvino che inaugura uno stile nuovo di scrivere, molto vicino ai nostri tempi: il minimo di parole con il massimo significato. Fulminanti per la loro brevità, alcuni suoi testi possono essere considerati veri e propri microsaggi in grado di condensare in poche righe il senso di un romanzo e la personalità di un Autore.
Questa capacità non è innata in Calvino, ma nasce dal suo essere un conoscitore profondo della letteratura mondiale; basta leggere Il libro dei risvolti (a cura di Luca Baranelli e di Chiara Ferrero) per rendersi conto della straordinaria capacità sintetica che Calvino aveva nel redigere note introduttive, quarte di copertina e altre scritture editoriali. Negli scritti del poeta norvegese Jon Fosse, ultimamente insignito del Nobel per la Letteratura, ritroviamo le stesse caratteristiche: essenzialità di linguaggio e capacità di affascinare il lettore sino al punto da trasportarlo nel mondo immaginifico suscitato dalla sua scrittura per un oltre di significato che non si riduce alla sola comprensione razionale. La scrittura poetica o il romanzo, dovrà necessariamente lasciare una domanda, un bivacco, una via d’uscita; accompagnerà il lettore in un viaggio che dovrà continuare da solo, appoggiato sulle provocazioni di significato che la lettura gli lascerà.
L’ultimo dei racconti di Calvino dice di un incarico che viene eseguito con un solo movimento, la cui preparazione però dura anni. Con la lettura il tempo viene quasi stravolto, poiché la rapidità è associata al suo contrario, ossia al rallentamento. Impossibile condensare in poche battute la straordinaria genialità di Italo Calvino. Questa breve introduzione ci serve per riprendere le categorie essenziali della poetica di Francesco Lanza, originario di Valguarnera Caropepe, che Italo Calvino stimava sino al punto da firmare l’introduzione ai suoi Mimi siciliani ripubblicati dall’editore Sellerio di Palermo nel 1971, con una incisione di Mino Maccari.
Italo Calvino scrive ben quattordici pagine di introduzione esaltando nella scrittura del Lanza il doppio movimento che abbiamo poc’anzi evocato, tipico pure della scrittura di Calvino: la lievità della prosa e la pesantezza della realtà. Ed ecco che per Calvino i Mimi Siciliani sono una raccolta di storielle assai peculiari ed evocative della realtà tutta: alla comicità disinteressata della barzelletta si sovrappone la carica dell’aggressività delle contese di campanile.
Calvino introduce il lettore del Lanza alle varie sfumature dell’animo umano: da quelle tenue e nobili del perdono e della compassione, a quelle tetre e pesanti della cattiveria del ladro, del bugiardo o dell’omicida. Elementi che Lanza associa a categorie di persone in quanto appartenenti ad un popolo (piazzese, caropipani, raddusano, riesino, barrese, buterese e così via); quasi a dire che non possiamo concepirci senza un contesto territoriale e questo inevitabilmente ci influenzerà sino al punto da diventare una grande personalità comportativa.
Ed ecco che il campionario umano che il Lanza evidenzia nelle sue storielle sono la sintesi tra la responsabilità dell’uomo e il suo appartenere ad un territorio ben preciso, la ricerca della sua identità personale e la fluidità – diremmo con un termine moderno – in cui l’individuo si annulla emergendo solo nella sua appartenenza ad un popolo. Elementi narrativi interessanti e moderni che necessiterebbero una rilettura attenta anche dal punto di vista sociologico, per una analisi critica dei nostri contesti sociali, forse non tanto distanti da quelli evocati dal Lanza.
Calvino conclude la sua introduzione invitando il lettore a leggere e a sostare sulle varie sfumature dell’umano dei Mimi, un simpatico esercizio che possiamo fare anche noi, non solo per ricordare il centenario di Calvino ma anche per conoscerci meglio con la lievità di chi non si prende troppo sul serio.