In Sicilia sono 182 i candidati al ministero sacerdotale
Il Sinodo e le questioni aperte: uno sguardo ai Seminari
Si è appena conclusa la prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (4-29 ottobre 2023) ed è stata pubblicata la relazione con i risultati delle votazioni. Tra gli argomenti trattati donne e laici, sacerdozio e diaconato, ministero e magistero, pace e clima, poveri e migranti, ecumenismo e identità, nuovi linguaggi e rinnovate strutture, vecchie e nuove missioni (anche digitali), ascolto di tutti e approfondimento – non superficiale – su tutto, anche sulle questioni più controverse che chiedono ulteriori approfondimenti.
La sinodalità è il filo rosso che lega tutte le tematiche trattate. Termine che gli stessi partecipanti al Sinodo ammettono essere “sconosciuto a molti membri del Popolo di Dio” (e forse anche alla gerarchia) e “che suscita in alcuni confusione e preoccupazioni”, tra chi teme un allontanamento dalla Tradizione, uno svilimento della natura gerarchica della Chiesa, la perdita di potere o, al contrario, un immobilismo e un mancato coraggio per il cambiamento. “Sinodale” e sinodalità” sono invece termini che “indicano un modo di essere Chiesa che articola comunione, missione e partecipazione e non una moda passeggera”.
Dunque un modo di vivere la Chiesa, valorizzando le differenze e sviluppando il coinvolgimento attivo di tutti, iniziando da presbiteri e vescovi: “Una Chiesa sinodale non può fare a meno delle loro voci”. Così si legge. “Abbiamo bisogno di comprendere le ragioni della resistenza alla sinodalità da parte di alcuni di loro”. Ma, si sa, che la lingua batte dove il dente duole e se si sta insistendo molto sulla sinodalità, è perché ancora non è entrata come stile ecclesiale. Così come vi è la confusione circa il “consenso” che non è una sorta di votazione popolare dove vince la maggioranza ma un vero e proprio esercizio di ascolto dello Spirito e discernimento della storia: “l’ascolto reciproco, il dialogo, il discernimento comunitario, la creazione del consenso come espressione del rendersi presente di Cristo vivo nello Spirito e l’assunzione di una decisione in una corresponsabilità̀ differenziata”. Così il testo della relazione di sintesi.
Tra le tante questioni trattate, che non vogliono essere sviluppate in questo articolo così breve, tre sono i riferimenti diretti ai Seminari. Tra le proposte anzitutto il riferimento al ruolo delle donne nella formazione dei futuri presbiteri: “C’è bisogno di ampliare l’accesso delle donne ai programmi di formazione e agli studi teologici. Le donne siano inserite nei programmi di insegnamento e formazione dei seminari per favorire una migliore formazione al ministero ordinato”. Su questo punto il nostro Seminario è all’avanguardia già da un decennio. Tra le questioni da affrontare il testo così recita: “È stata ampiamente espressa la richiesta che i seminari o altri percorsi di formazione dei candidati al ministero siano collegati alla vita quotidiana delle comunità̀. Occorre evitare i rischi del formalismo e dell’ideologia che portano ad atteggiamenti autoritari e impediscono una vera crescita vocazionale. Il ripensamento degli stili e dei percorsi formativi richiede un’ampia opera di revisione e di confronto”. E’ evidente che la relazione si fa portavoce di ciò che si discute tra i formatori e da parecchi anni ormai circa la necessità di un ripensamento dei percorsi formativi. Nel nostro Seminario stiamo applicando un progetto formativo che sta tentando di sopperire ed arginare delle evidenti lacune legate al modello tradizionale della formazione del presbitero. I frutti di un’azione formativa si vedranno solo dopo molti anni e speriamo producano un rinnovamento profondo del tessuto sociale e spirituale della nostra diocesi, oltre al fatto di avere presbiteri felici e realizzati, innamorati del Vangelo e della gente. Un ultimo riferimento che la relazione fa ai Seminari è circa l’evangelizzazione della cultura digitale. A partire da ciò che la relazione suggerisce, ci poniamo alcune domande: si parla di percorsi formativi collegati alla vita delle comunità.
Di quali comunità di sta parlando? delle comunità parrocchiali o della comunità dei credenti che per lo più non frequentano le nostre Chiese? Circa i rischi del formalismo e dell’ideologia non basta enunciarli né tantomeno ridurli alla sfera morale come “peccati legati al narcisismo”. Occorre necessariamente pensare a dei percorsi formativi diversi, in una visione di Chiesa comunionale dove non ci sono sudditi ma figli e fratelli. Dobbiamo ricordarci che mentre noi parliamo di sinodalità, la legge che regola la Chiesa ossia il Codice di Diritto Canonico chiama sudditi tutti i battezzati soggetti alla potestà del Legislatore Supremo! Questioni ampie ed aperte sicuramente, strade da percorrere con coraggio sino in fondo senza escludere niente, compresa la proposta di un radicale rinnovamento del Codice di Diritto Canonico e di altre realtà. Per concludere pubblichiamo la tabella aggiornata della situazione delle vocazioni al ministero Ordinato nella nostra Sicilia. I numeri, soprattutto per la nostra Chiesa diocesana, ci fanno ben sperare; su 18 diocesi si contano 31 propedeutici e 151 seminaristi, per un totale di 182 ragazzi in formazione. L’età media è molto bassa e si aggira intorno ai 21 anni. Nonostante le sfide e i fallimenti, guardiamo con speranza e progettualità il futuro tornando ad essere profezia per il mondo e Chiesa vicina alle ferite del mondo.