Monte Turcisi e le sensazioni dell’uomo preistorico
In una pubblicazione dal titolo “A Monte Turcisi”, lo storico Filippo Vitanza scriveva: “Al visitatore che arriva a Monte Turcisi 300 m (s.l.m.) si presenta, sotto il suo sguardo, un panorama indescrivibile: spazi infiniti, grandezze incommensurabili, luoghi mai visti … le sensazioni che si provano su questo ‘alto Monte’ richiamano alla mente ciò che provarono gli amici di Gesù sul monte Tabor”. Le medesime sensazioni sono state espresse da Mirko Mannino recentemente e dagli esperti dell’Istituto Archeologico Tedesco di Roma che hanno eseguito le esplorazioni sulla pima collina del Monte.
L’espressione dell’apostolo Pietro davanti la trasfigurazione di Gesù fu spontanea: “Signore, è bello per noi sta qui”. Le sensazioni di Pietro, di Mirko e degli archeologi tedeschi, in qualche modo, sono le medesime dell’uomo del Paleolitico che raggiunse la cima del Monte migliaia di anni fa. Un bel giorno (di tanti, tantissimi anni) dopo aver girovagato per fiumi, valli, pianure, un piccolo gruppo di cacciatori -raccoglitori arrivò in cima al Monte da dove si poteva osservare a 360 gradi l’ambiente circostante. Ad est, la vasta piana di Catania, in parte acquitrinosa e inospitale; a nord, alla base del Monte, il fiume Dittaino gonfio di acque; a sud un vasto bosco animato da molteplici animali selvatici; ad ovest una serie di rilievi un po’ più elevati del Monte ove si trovavano. Ciò che meravigliò, il piccolo gruppo di cacciatori – raccoglitori, furono tre cose. Il Monte a forma troncoconica, con i suoi ripidi pendii, da tutte le parti, non accessibile alle bestie selvatiche: luogo sicuro dunque da pericoli e minacce; la presenza di ripari naturali, formati da lastre di calcare verticali e inclinati, e, in fine, la presenza della selce inglobata nella roccia. Roccia tanto ricercata per farne armi e strumenti per tagliare la carne, conciare le pelli, scorticare alberi. Lo stupore del piccolo gruppo fu grande da esclamare: “come è bello qui”… Ciò che espressero a parole lo attuarono subito: “Facciamo qui il nostro campo base”. Dall’alto del piccolo altopiano del Monte di 3100 mq. era possibile osservare ciò che si muove attorno e intraprendere azioni di caccia in tutte le direzioni: nord, sud, est, ovest. Col passare degli anni [anzi millenni] il piccolo gruppo moltiplicatosi, colonizzò i rilievi ad ovest perché presenti, anche in essi, la selce e ripari naturali simili al Monte ove si trovava: Monte San Giovanni, Monte Vassallo, Monte Dragonia, Monte Judica, Serro Uccelli … ed anche molti piccoli rilievi della Piana di Catania: Ninfa-Timpa, Monaco, Troitta, Masseria Carrubo Vecchia, Castellito, Franchetto, Masseria Carrubo Nuova, Perriere Sottano, Rocchette, Scaramilli… A questo punto, don Filippo Vitanza si pone questo interrogativo: il piccolo gruppo di cacciatori – raccoglitori che arrivò per primo a Monte Turcisi, aveva piena coscienza di sé? Possedeva la capacità di pensiero? E’ la risposta che ci s’attende dalle successive esplorazioni. Da internet sappiamo che “durante il Paleolitico Superiore dai 40 ai 10 mila anni orsono, l’uomo ha la piena coscienza di sé, è capace di immaginare, concettualizzare e simbolizzare”. Secondo il testo biblico, l’uomo dopo il peccato originale, secondo il religioso Filippo Vitanza, ha mantenuto quelle qualità tipicamente umane: intelligenza, volontà, coscienza, memoria, libertà (ma in modo seminale, embrionale), come si evince dalla parabola del buon samaritano: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto”. Invero, l’uomo in questa nuova situazione sviluppa il senso di colpa, la virtù del Timor di Dio e con la memoria inizia la ricerca spasmodica della casa dell’Eden vagabondando.
(Foto MammaSiciliy)