«Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse» (1Cor 11,2)
La comunione con l’apostolo Paolo e le tradizioni delle comunità paoline a Corinto (1Cor 11,1-16)
Imitare l’apostolo è imitare Cristo e per farlo occorre ascolto umile e schietto della sua “vicenda”, poiché essa è innervata con la vicenda di Gesù Cristo, attimo dopo attimo. I fratelli di Corinto leggono le parole di Paolo come un’esortazione avvincente e ostinata attraverso la quale poter ricevere Cristo e la sua forza, la sua dignità divina. Vengono istruiti sulle tradizioni che hanno imparato dall’apostolo ma – cosa ancora più importante – sono inseriti nella tradizione, ovvero fanno parte di una consuetudine che detta lo stile delle comunità paoline sparse nel resto dell’ecumene che l’apostolo ha attraversato. Così infatti, afferma Paolo quando scrive: «noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio» (1Cor 11,16). Questa esperienza mette insieme, dunque, il rapporto con Cristo, che attraverso l’imitazione del modello dell’apostolo diviene parte integrante del cristiano a Corinto, con quello del resto delle comunità dall’apostolo fondate; ed è importante che il senso delle sue parole sia percepito fino in fondo, senza tralasciare la forza del desiderio di comunione in esse custodito e trasmesso.
Accostare la comunità di Corinto alla tradizione in uso nelle altre comunità, riguardo alla preghiera e allo stile di comunione in generale, sembra essere la preoccupazione costante dell’apostolo. Non che le modalità e le forme esteriori nei momenti indicati possano assolvere al bisogno di partecipare interiormente alla parola della croce (1Cor 1,18), però è importante presentare, offrire e indicare segni precisi e condivisi che aiutino quanto più possibile il fratello e la sorella ad esprimere la propria fede in Dio nelle adunanze della comunità. In questo senso, procede tutto quanto lo scritto dell’introduzione a questo capitolo della lettera nel quale l’apostolo imprime, sia con le parole che con il senso intimo che esse rivestono, una passione e un trasporto per la tradizione (παράδοσις, parádosis) da arrivare perfino a trattare l’argomento dell’eucarestia come qualcosa che si trasmette dopo averla ricevuta. Trasmettere è generativo, prolunga l’opera della creazione e si pone in ordine a quanto è accaduto con il soffio divino nelle narici del manufatto abbozzato dal Creatore nel penultimo giorno della prima settimana dell’universo; non si tratta di semplice comunicazione di usi e costumi, bensì di composizione o, per meglio dire, di plasmazione dei neonati in Cristo (1Cor 3,1): una vera e propria realizzazione vivente dell’anima nell’anima, della libertà di ascolto e obbedienza, della santificazione del proprio tempo e del proprio spazio per l’altro. La vita esiste solo all’interno di una dinamica relazionale e l’esperienza dell’uomo sulla terra suggerisce che le uniche relazioni che l’uomo sceglie di mantenere sono quelle che generano libertà, promuovendo stili di vita, mentalità e ordini di pensiero in grado di riprodursi di generazione in generazione perché di fondamentale contributo alla libertà e alla crescita della vita stessa. Imitare l’apostolo, dunque, è una scelta decisiva alla luce della comunità, così come alla luce delle relazioni vitali della stessa comunità è stato importante correggere la collocazione reciproca dei fratelli e delle sorelle, oppure il rapporto con le tradizioni alimentari della città di Corinto in merito alla libertà della fede di ognuno.
Nella chiesa è stato di fondamentale importanza mantenere al centro della propria esperienza il rapporto con il vangelo ricevuto e trasmesso sia in virtù del messaggio che esso rappresenta sia in virtù del gesto generativo che rappresenta la stessa “tradizione”; ma quanta consapevolezza in merito a ciò, oggi, nelle comunità ecclesiali sta maturando attorno alle tradizioni che vengono tramandate alle generazioni? Fino a che punto si è coscienti di animare la crescita nella fede delle giovani generazioni quando al centro risulta essere una tradizione fine a sè stessa, piuttosto che il vangelo da cui essa prende vita? Può il semplice pontificato di un uomo, seppur vicario di Cristo, riuscire a suscitare indignazione per l’abuso di potere che a volte l’appello sordo alla tradizione provoca nei confronti della comunità, se poi la comunità stessa è inconsapevole del dramma di un modo simile di procedere?
Spunti per la Lectio personale
Tradizioni e comunione
Giosuè 1,17Come abbiamo obbedito in tutto a Mosè, così obbediremo a te; purché il Signore, tuo Dio, sia con te com’è stato con Mosè.
Matteo 15,1In quel tempo alcuni farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, si avvicinarono a Gesù e gli dissero: 2«Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani!». 3Ed egli rispose loro: «E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione?