Intervista al direttore generale dell’ASP di Enna
Con il nuovo direttore generale l’Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, finalmente, è il caso di dirlo, cambia marcia. E cambia marcia perché Zappia proviene dall’area Cattolica. E’ cresciuto a “pane e volontariato”. Ancor prima di diventare medico, all’età di 17 anni, è entrato nella canonica UNITALSI (Unione Italiana Trasporto Ammalati Lourdes e Santuari Internazionali) e la sua vita è stata segnata dal rapporto col mondo della sofferenza. Ci attendiamo tanto dal suo “essere”. Enna e provincia si attendono tanto. Lo abbiamo intervistato su problematiche di carattere squisitamente sociale. Quelle politiche le lasciamo ad altri. Dottor Zappia come intende, se intende, raccordarsi con le associazioni di volontariato presenti sul territorio? Esse riescono a fare tante di quelle cose che le istituzioni non vogliono e non riescono a fare, in ogni campo, quindi anche in sanità. I nostri rapporti con alcune associazioni di volontariato tipo l’AVOe la CRI, qui a Enna, sono già consolidate.Esse riescono a dare tanta umanità che spesso i nostri operatori quando sono, e ciò accade spesso, sottodimensionati come numero, non possono dare. Il rapporto è di gratitudine nei loro confronti per tutto quello che fanno, e di stima nei confronti dei singoli appartenenti, perché anch’io ho fatto volontariato e continuo, pur avendo come è evidente, a causa dei miei ultimi impegni, poco tempo a disposizione, a manifestarmi uno di loro. Pur non essendo discorsi da fare adesso che sono a inizio attività ma da fare un po’ più avanti, intendo sottolineare che pur essendoci già il Comitato Consultivo Civico che è presente e ben assortito e motivato, se riusciamo a trovare il giusto rapporto tra noi e loro, considerato che noi siamo presi dal nostro lavoro negli uffici, potremo organizzare un’ottima gestione degli aspetti solidaristici della Sanità. Ha già incontrato i cappellani dei quattro ospedali? Il loro ruolo è importantissimo, sia per i credenti sia per i non credenti, poiché essi portano non soltanto i sacramenti e, talvolta il viatico, ma spesso hanno una parola di conforto e prestano ascolto ad uomini e donne che hanno perduto la speranza, anche ad appartenenti ad altre confessioni religiose. I parenti dei pazienti spesso si ritrovano a non avere punti di riferimento, servirebbe quindi del personale che facesse da trait d’union, fra tutti i malati e in particolar modo fra i terminali, gli oncologici i mentali e i loro parenti che spesso in special modo quando vengono da fuori Enna non hanno punti di appoggio e riferimento La sanità diventa sempre più costosa e complessa per chi non se la può permettere. Ed Enna? L’UNITALSI e la sua esperienza di manager. Lei viene dalla gavetta.
Si, è così, il ruolo dei cappellani è fondamentale non soltanto per gli appartenenti alla religione cattolica ma anche per coloro i quali appartengono ad altre religioni. Ho già incontrato tre di loro, devo soltanto ancora incontrare quello dell’ospedale di Leonforte ma lo farò al più presto e con loro intendo raccordarmi per attenzionare i casi umani più bisognevoli di supporto, che riterranno opportuno segnalarmi e che nei limiti della disponibilità dell’Asp che dirigo potrò affrontare. Aggiungo che ho girato gli ospedali più volte in una visione sinottica di essi con una attenzione particolare verso quello di Nicosia, poiché considerato il territorio verso il quale gravita e la difficoltà per raggiungerlo da Enna , merita una maggiore autonomia, mentre gli ospedali di Piazza Armerina e Leonforte vanno si attenzionati e potenziati ma senza duplicare i servizi riaspetto a Enna.
Le associazioni di volontariato in questo settore dovrebbero avere più consapevolezza del loro ruolo e sceglierlo meglio. Se noi riusciamo, come mi auguro io a potenziare il nostro comparto, quindi infermieri oss, assistenti sociali, psicologi ed educatori, gran parte di questa azione sarebbe soddisfatta ma ritengo e lo ripeto che il ruolo fondamentale in questo settore è giocato dal volontariato. Con questo non intendo dire assolutamente che bisogna scaricare tutto sulle associazioni di volontariato ma fare in modo che loro come volontari e noi come figure professionali e sociali (parte socio sanitaria) possiamo lavorare in piena sinergia per il fine ultimo che è il raggiungimento del bene e del soddisfacimento del paziente e dei suoi familiari. A questo proposito segnalo che avremmo intenzione di allocare l’Hospice a Leonforte o Piazza Armerina e ivi rafforzare il personale per dare un umanizzazione più elevata rispetto a un ospedale grosso.
Sono seriamente preoccupato di ciò sono uno di quelli che andrebbe volentieri in piazza a protestare per difender il SSN perché, ripeto, quello che non hanno ancora capito i non addetti ai lavori, quindi chi non si occupa di organizzazione sanitaria,e non è un accusa, il SSN l’abbiamo perduto: abbiamo 40 miliardi di euro di spesa privata per la sanità eabbiamo già quasi un milione di persone che non si curano perché non si possono curare. Persone che escono dalla propria tasca i soldi per curarsi, possibilmente ricorrendo a prestiti e mutui e assicurazioni per curare se stessi o i loro familiari Questi sono dati incontrovertibili. Questo è già il fallimento del SSN E per chi come me si sacrifica per dare i servizi è già una sconfitta. E la gente parte per curarsi , i viaggi della speranza. Bisogna anche dire che per molti è più che altro una moda per ricchi.
A Enna, è stata una sorpresa piacevolissima scoprire che ci sono dei reparti che attraggono gente di altre province anche grazie al lavoro che sta facendo l’Università Kore con la facoltà di Medicina e qui nei prossimi anni grazie all’università avremo molte specialità nuove.
Ho iniziato a 17 anni a curare, a pulire e a trasportare malati. Tanti medici non hanno avuto questa possibilità . E’ un’istituzione che ha segnato la mia vita e la mia esperienza di medico di uomo e di genitore, quindi tutto quello che potrò fare nei confronti dei fragili e dei disabili lo farò senza esitare. Ringrazio chi mi dà l’opportunità di considerarmi ancora uno di loro, dell’Unitalsi e mi dà ancora i consigli necessari per coniugare il mio lavoro con la mia esperienza di donazione verso i deboli.