MONTE TURCISI “PRIMA CAPITALE” DELLA SICILIA PREISTORICA
Alcuni archeologi di fama nazionale tra cui Sebastiano Tusa, D. Bagnone, A. Revedin Arbosrio Vella, hanno sostenuto che lungo le valli dei fiumi Simeto, Dittaino, Gornalunga sono stati rinvenuti siti ove è stata raccolta l’industria su scheggia con caratteristiche clactoniana del Paleolitico Inferiore (2.00.000 -100.00 mila anni)). Sebastiano Tusa, addirittura, in una sua pubblicazione, cita nove siti ove è stata raccolta questa industria e precisamente: Fontanazza, Castellaccio, Poggio Monaco, Stimpato, Muglia Nord, Agira, Piano Meta, Montagna di Ramacca, Gerbini.
Il Tusa non nomina Monte Turcisi perché non era a conoscenza delle esplorazioni eseguite dall’Istituto Archeologico Tedesco di Roma negli anni 2016/17 e pubblicate nel 2020. In questa pubblicazione si dice espressamente: “L’area intorno al Monte Turcisi è frequentata prima nel Paleolitico e poi dalla tarda età del rame alla prima età del Bronzo”. Monte Turcisi, per chi non lo sapesse, è una collina in territorio di Castel di Iudica, in provincia di Catania. Esso è formato da tre piccole colline unite insieme, la prima quella che si staglia sulla piana di Catania è la più alta 303 metri s.l.m., le altre due sono di circa 50 metri più basse. Percorrendo l’autostrada Catania-Palermo, Monte Turcisi è la prima collina che s’incontra a sinistra, dopo aver percorso circa 35 Km, e si trova sulla destra del fiume Dittaino e facendo da corona, con tanti altri rilievi, alla piana Catania. Esso monte è entrato a far parte delle ricerche scientifiche quando, nel 1982, in un convegno sul territorio di Castel Iudica, l’archeologo Enrico Procelli, mise a conoscenza la fortezza greca in forma ben riconoscibile a Monte Turcisi. Anche l’architetto Gaspare Mannoia, in quel periodo (1982), presentò un lavoro di Tutela archeologica e monumentale su Monte Iudica con numerosi rilevi sullo stesso Monte Turcisi. Dopo quasi 40 anni, l’Istituto Archeologico Tedesco di Roma con le sue esplorazioni, nella prima collina, con una superficie di circa 3100 mq. fa risalire questa eccezionale costruzione greca intorno al 400 a.C. al tempo di Dionisio il Vecchio (405-383 a.C.) La presenza del Paleolitico sul Monte apre scenari imprevedibili dal punto di vista antropologico. Osservando i luoghi e raccogliendo il materiale preistorico in superficie è da ipotizzare questi avvenimenti. Un bel giorno, afferma don Filippo Vitanza, dopo aver girovagato per fiumi, valli, pianure, un piccolo gruppo di cacciatori-raccoglitori arrivò in cima al Monte da dove si poteva osservare a 360 gradi l’ambiente circostante. Ad est la vasta piana di Catania, in parte acquitrinosa e inospitale, a nord, alla base del Monte, il fiume Dittaino gonfio di acque, a sud un vasto bosco animato da molteplici animali selvatici, ad ovest una serie di rilievi un po’ più elevati del Monte ove si trovavano. Ciò che meravigliò, il piccolo gruppo di cacciatori-raccoglitori, furono tre cose: Il Monte a forma troncoconica, con i suoi ripidi pendii, da tutte le parti, non accessibile alle bestie selvatiche: luogo sicuro dunque da pericoli e minacce; la presenza di ripari naturali e infine la presenza della selce inglobata nella roccia. Roccia tanto ricercata per farne armi e strumenti per tagliare la carne, conciare le pelli, scorticare alberi…Lo stupore del piccolo gruppo fu grande da esclamare “come è bello qui”. Ciò che espressero a parole lo attuarono subito: “facciamo qui il nostro campo base”. Col passare degli anni [anzi millenni], sostiene lo storico Filippo Vitanza, il piccolo gruppo, moltiplicatosi, colonizzò i rilievi ad ovest perché presenti anche in essi, la selce e ripari naturali simili al Monte ove si trovavano: Monte San Giovanni, Monte Vassallo, Monte Dragonia, Monte Judica, Serro Uccelli ed anche molti piccoli rilievi della Piana di Catania: Ninfa-Timpa, Monaco, Troitta, Masseria Carrubo Vecchia, Castellito, Franchetto, Masseria Carrubo Nuova, Perriere Sottano, Rocchette, Scaramilli. Ora secondo lo studioso Vitanza, lee successive esplorazioni dovranno, tramite saggi stratigrafici rispondere a tanti interrogativi: quando arrivò l’uomo a Monte Turcisi? Di quali cibi si nutriva: carne, pesce, erbe, frutta selvatica; come si vestiva? Quali armi usava per cacciare gli animali? Quali strumenti utilizzava per tagliare la carne, scorticare la legna, lavorare le pelli? Come faceva ad estrare la selce dal duro calcare? Conosceva la tecnica di accendere il fuoco? Ma ciò che più interessa in questa ricerca, secondo Filippo Vitanza, parroco in pensione, sapere se l’uomo del Paleolitico seppelliva i morti e che rito usava, e, inoltre, se aveva una qualche credenza religiosa. L’Istituto Archeologico Tedesco di Roma, ha eseguito le esplorazioni a Monte Turcisi, dopo circa 40 anni dalla scoperta del sito archeologico. A questo punto le cose ci si domanda: occorre attendere altri 40 anni per proseguire le ricerche di quel lontano periodo della storia dell’uomo? Credo che abbiamo una opportunità scientifica di portata eccezionale per rispondere a tutti gli interrogativi sopracitati.