Riceviamo e pubblichiamo da parte del dott. Francesco Paolo Giordano
Gentile direttore,
Leggo l’articolo a firma Nino Costanzo dal titolo “Morgantina e Aidone una sola storia” che tratta del mio libro da poco uscito ed edito per i tipi di Algra. Il confronto è sempre utile, ma bisogna comprendere bene quello che si legge. L’autore dell’articolo prende le mosse da una mia affermazione contenuta nell’Introduzione secondo cui -secondo le conoscenze attuali- non ci sarebbe stato un passaggio diretto da Morgantina al monte Aidone. Tuttavia, sebbene l’intenzione dell’autore fosse – mi pare- di smontare la mia tesi, tuttavia essa non viene minimamente smentita. Mi consenta, al riguardo, qualche argomento di replica. [expander_maker id=”1″ ]Che un latifondo potesse essere densamente popolato è una contraddizione in termini, dal momento che caratteristica dei latifondi, in epoca romana, era proprio la loro scarsa densità di popolazione. La tesi di laurea della dott.ssa Muscarà, cui ricorre l’autore dell’articolo, è molto datata nel tempo e risale agli anni Novanta, cioè a trent’anni fa e non vedo come possa confutare le mie conclusioni. Nel mio libro vengono ampiamente citati i siti di Casalgismondo, Gallinica e Reselgone, mentre mi sono attenuto al livello di ricerche scientifiche più recenti che hanno caratterizzato l’esame di reperti in contrada Cittadella da parte della missione americana nonché degli altri ritrovamenti nel territorio dovuti alle ricerche della Soprintendenza di Enna. Cittadella rimase sostanzialmente disabitata fra il V e il VI secolo, cioè durante l’insediamento bizantino. A sostenerlo è stata la Prof. Lucia Arcifa nel suo studio relativo a Morgantina in età tardo antica e altomedievale, risalente al 2013. Mentre è riconoscibile l’esistenza di una vita rurale attraverso altri ritrovamenti. Quindi in questo periodo l’aggregato urbano si sarebbe sfaldato in una pluralità di abitati sparsi fra le colline e la valle del Gornalunga, che è né più e né meno quello che viene scritto nel mio libro. Aidone era ridotto a un piccolo villaggio bizantino costituito da una modesta chiesa basilicale e da casule dislocate lungo il fiume Bukarit, come ha precisato uno studio di Luigi Santagati, pubblicato nel 2010. Quanto all’iscrizione, meglio un epitaffio di uno schiavo di Domizia Longina, dove viene citato un magister ovium, analizzata dal Prof. Salmeri in particolare, ne parlo ampiamente nel mio libro, per sottolineare che i latifondi a quell’epoca in Sicilia non erano di vaste proporzioni e che il latifondo in questione si trovava nella zona fra Ramacca e Morgantina. Quanto, poi, ai reperti citati dal sacerdote Vitanza, non dimostrano affatto che vi fosse un grande agglomerato urbano nel territorio specifico e soprattutto che vi fosse una continuità fra Morgantina romana e l’entità in epoca bizantina. Sulla statio romana di cui parla Gianfilippo Villari, pure citata da Costanzo, si sono scritti fiumi di parole ma vi è discordia fra gli studiosi circa la sua esatta individuazione territoriale, a partire dal testo di Holm fino ai nostri giorni e comunque tale questione è stata parimenti trattata nel mio libro. Infine, sul ritrovamento delle monete, preciso che nel mio libro parlo diffusamente delle monete e in particolare delle monete trovate a Cittadella dalla missione americana, risalenti all’epoca di Eraclio (613-641) e di Costantino IV (668-681), a riprova dell’esistenza di un agglomerato in età bizantina che però è lungi dal dimostrare la presenza di un grosso centro.
L’occasione mi è gradita per porgere cordiali saluti. Francesco Paolo Giordano [/expander_maker]