La questione del linguaggio verbale della catechesi è fondamentale per le nostre comunità ecclesiali, pena il pericolo di una afasia che determina a sua volta un corto circuito comunicativo. Se la catechesi deve introdurre in un Mistero, sperimentato, celebrato, compreso e vissuto, è chiaro che uno dei compiti più urgenti che ci sta davanti è il recupero del complesso armonico del linguaggio della fede.
In questi anni è stato fatto tanto per il rinnovamento pedagogico della catechesi e malgrado gli sforzi compiuti, essa non è uscita dal suo approccio quasi esclusivamente cognitivo intellettuale. Il punto di vista prevalente resta ancora quello di “comprendere” e di “spiegare”. Il rinnovamento catechistico non è uscito purtroppo da questo gap della razionalità, benché abbia assunto dei nuovi strumenti pedagogici: l’appello all’esperienza, la pedagogia attiva, l’importanza dell’apprendimento.
E’ dunque importante che la catechesi, introduca l’intera gamma dei linguaggi umani e della fede: quello narrativo, quello simbolico della liturgia, quello della sintesi nelle formulazioni dogmatiche, quello estetico della poesia e dell’arte e infine quello argomentativo.
Nella sinfonia di questi linguaggi, merita una sottolineatura particolare il ricupero del linguaggio narrativo, legato alle Scritture, e quello simbolico, legato alla liturgia.
Già Sant’Agostino, nel De catechizandis Rudibus spiegava al catechista Deogratias che la prima cura da avere è la narratio plena della storia della salvezza, perché Dio ha deciso di fare storia con noi. Per questo motivo al centro della catechesi ci sarà sempre l’incontro con le Scritture. «L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo» (S. Girolamo, Commento al profeta Isaia, Prologo citato nella Dei Verbum 25).
La dimensione narrativa non è uno degli aspetti della catechesi, ma quello sorgivo, genetico, fondativo e per tale ragione è importante che gli educatori -catechisti abbiano una competenza che li abiliti all’accompagnamento dei fanciulli, dei giovani e degli adulti. Le nostre comunità parrocchiali devono far fronte al difficile compito di confrontarsi con una realtà sociale e culturale molto complessa, e questo richiede una presa di coscienza e una programmazione che sarebbe un grave errore lasciare all’improvvisazione.