12 Settembre 2018

Quando l’apparato conta più della sostanza

di Don Giuseppe Rabita

Si vedono talvolta spose uscire dalla Chiesa con vestiti che ci si aspetterebbe in ben altri contesti, qualcuno dirà “è la moda”, a volte è invece una questione di rispetto e di buon senso (oltre che di buon gusto). È quello che deve aver pensato don Cristiano Bobbo, parroco di Oriago e Ca’ Sabbioni, in provincia di Venezia, che sulle pagine del settimanale parrocchiale «Una voce nella Riviera», ha suggerito di tassare i vestiti da sposa più appariscenti e succinti. Un’idea nata dall’esasperazione del parroco costretto ad officiare sempre più matrimoni in cui la sposa dimentica «la semplicità e il buon gusto» per lasciarsi andare alle «deformazioni della moda, che oggi sembra imporre modelli che amano sguazzare nel fango dei sentimenti e delle esperienze possibilmente deviate o debordanti». Questo quanto apparso sul Corriere del Veneto del 4 settembre scorso.

E l’agenzia Ansa aggiunge: Per il sacerdote «sarebbe importante che le spose facessero comprendere anche attraverso la semplicità e il buongusto del loro vestito la delicatezza, la poesia e la freschezza del momento che stanno vivendo».

Questo perché, prosegue don Cristiano, «C’è uno stile di dignità e riserbo che dev’essere riconquistato; c’è un rispetto dell’altro che è alla base di una vita sociale seria e serena».

Don Bobbo vuole risvegliare il buon senso prima ancora del sensus fidei, lo fa con leggerezza e con ironia, e non tutti hanno colto l’occasione per farsi un sano esame di coscienza. La suggestione del parroco di Oriago ha infatti raccolto repliche discordanti, e i fedeli si sono divisi tra chi si accoda alla polemica sollevata, e i tanti indignati per la presunta ingerenza del prete nella sfera personale.

Si tratta certamente di una provocazione e non certo di un espediente per incrementare le entrate della parrocchia. Di fatto, al cattivo gusto non ci sono proprio limiti e se ne accorgono bene i parroci che sono sempre più costretti ad arginare le fantasie più assurde non solo per quanto riguarda l’abito, ma tutto un corollario di sciocchezze ispirate soltanto alla spettacolarità e alla voglia di essere unici.

Tutto ciò a scapito della consapevolezza di ciò che gli sposi vanno a celebrare celebrando il matrimonio che per noi cattolici è sacramento. In genere alla grandezza dell’apparato corrisponde la scarsa o nulla sensibilità di fede. Salvo poi a cercare cavilli per sciogliere un matrimonio fondato sull’appariscenza.

In fondo, per chi non vuole intromissioni nella sua cerimonia, c’è pur sempre il matrimonio in Comune!

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